Rezensionen Archiv / Reviews Archive

2003

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Gazzetta di Parma 07.12: Messiah, lunimosa poesa
L'Unione Sarda
30.11: Un grande affresco sonore
Dresdner Neueste Nachrichten
08.10: Bach ist unerschöpflich
România Liberã
25.09: Festivalul International "George Enescu"
Kleine Zeitung
25.08: Vokales bestimmte zweite Festival-Wochenende
Gmünder Tagespost
19.07: Das Oratorium erzählt die Geschichte
Westfalenpost
09.07: Ein Tenor, der die schönsten Schattierungen besitzt
Sächsische Zeitung
02.07: Peter Schreier mit perfekter Sangeskunst
Neue Vorarlberger Tageszeitung
22.06: Meisterliche Gitarre und reife, stimmliche Frische
Sächsische Zeitung
16.06: Facetten eines Stars
Dresdner Neueste Nachrichten
11.06: Musikalisch auf den Spuren George Bährs
Dresdner Neueste Nachrichten
05.06: Eine kleine Nachmusik auf der Suche nach dem Bandel
Sächsische Zeitung
04.06: Klar und sensibel
Dresdner Neueste Nachrichten
30.05: Dresdner Kreuzkirche als Gralsburg und Festwiese
Ceské Noviny
16.05: Peter Schreier vyprodal Händelovým Mesiášem Dvorákovu sín
Oberoesterreichische Nachrichten
13.05: Bildhaftes Töne-Barock
Süddeutsche Zeitung
22.04: Überzeugung von Geist und Herz
El Diario Montañés
08.04: Sugestiva actuación de los Virtuosos de Praga
The Guardian
04.04: Schreier/Schiff concert Wigmore Hall
The Times
03.04: Schreier/Schiff concert Wigmore Hall
Hufvudstadsbladet
23.03: Rutinerad Bachinterpret
Dresdner Neueste Nachrichten
14.02: Mozarts Requiem mit der Philharmonie unter Peter Schreier
Newsday
22.01: A Choir Practice Worthy of Carnegie Hall
The Times 13.01: RCM Baroque Orch/Schreier
Kölner Stadt-Anzeiger 07.01: Lauter und wahrhaft





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Gazzetta di Parma 07.12.2003
Messiah, luminosa poesia
Grande successo in Cattedrale per l'opera di Haendel offerta dal Regio - Pienamente integrati da Schreier i quattro solisti
Parma. E' probabile che alcuni degli ascoltatori che l'altra sera gremivano la Cattedrale per il Messiah di Haendel - offerto alla città dalla Fondazione Teatro Regio nel ricordo di Walter Gaibazzi - rievocassero la magnifica serata di tanti anni fa al Teatro Regio dove Peter Schreier, accompagnato al pianoforte da Joerg Demus, eseguì una preziosa collana di Lieder, con quella suprema cifra interpretativa che il tenore aveva significativamente affermato. Nessuna sorpresa tuttavia ritrovarlo ora sul podio a guidare le compagini orchestrali e corali del Regio per l'esecuzione del grande oratorio haendeliano, perché da alcuni decenni ormai Schreier si dedica con assiduità a questo genere dove affondano le radici della propria formazione, avvenuta attraverso la frequentazione delle grandi Passioni bachiane, con l'assorbimento quindi di una tradizione che è andata tramandandosi, è il caso davvero di dire, da padre in figlio, e che, del resto, ha agito in una spontanea circolarità anche sulla stessa esperienza liederistica e teatrale. E quanto intima e autentica sia stata questa assimilazione lo si è potuto ben avvertire dalla proposta dell'altra sera, in quel passo sempre naturale, in quel tipo di pronuncia che si riportava appunto a una consuetudine corrente, tendente a evocare le tante situazioni racchiuse nell'imponente arcata disegnata dal testo biblico senza le amplificazioni che questa partitura è andata subendo nel tempo. (......)

Impressioni che ci è parso fossero rievocate in questa proposta di Schreier nel ritrovare le proporzioni originarie di un oratorio come il Messiah che, va ricordato, rimane un «unicum» nella produzione haendeliana, un'opera che si distacca dalla grandiosità degli altri oratori del compositore proprio per il carattere meditativo imposto dalla stessa committenza e tradotto in musica da Haendel con il suo sapiente pragmatismo. Tratti che la guida di Schreier ha sviluppato con apprezzabile equilibrio nell'amministrare con sensibile varietà di trapassi sia il profilo del fraseggio come la misura delle sonorità, sul filo, appunto, di una tradizione consolidatasi nella pratica esecutiva tedesca, prima che le nuove ricerche esplorassero con più istigante determinazione le peculiarità dello stile barocco. Pienamente integrati entro la misura dell'eloquenza impressa da Schreier i quattro solisti, il soprano Elisabeth Kulman, il mezzosoprano Annekathrin Laabs, il tenore Alexander Yudenkov e il baritono Markus Butter, e pure molto consapevolmente coinvolti gli strumentisti dell'orchestra e ancor più la compagine corale del Regio, guidata da Martino Faggiani, chiamata a sostenere un impegno eccezionale rispetto ai percorsi più consueti posti dalla funzione teatrale. Serata quindi molto calorosa, conclusasi tra l'entusiasmo del pubblico con la replica della pagina più nota dell'oratorio, l'Alleluia. G.P.M.


L'Unione Sarda 30.11.2003
Un grande affresco sonoro
“Passione secondo San Matteo” di Bach al Lirico di Cagliari - Emoziona la lettura romantica di Schreier

Peter Schreier in Cagliari  (Italien/Italy)

Cagliari. Superba, monumentale. Ma anche concitata e travolgente come la radiocronaca di una partita di calcio. Le cronache, non meno dei libri di storia, si sono proprio sbizzarrite nel cercare di descrivere a parole la Passione secondo San Matteo di Johann Sebastian Bach. (.....) È con la Passione secondo San Matteo che inizia l'amore dei romantici per Bach, ed è alla tradizione romantica che guarda Peter Schreier come solista e guida delle due orchestre, dei due cori e del coro di voci bianche del Teatro Lirico di Cagliari nella realizzazione della sua Passione. Al centro del proscenio, circondato da voci e strumenti, Schreier dà alla narrazione dell'evangelista Matteo impeto espressivo e passione. I suoi interventi nei recitativi si modulano intorno ai mezzi toni, ad ombreggiature intense, senza disdegnare veri e propri virtuosismi da falsettista nel registro sovracuto. (.....)
Un poderoso affresco sonoro che al Comunale cagliaritano può contare sul valore di interpreti di grande tecnica e sensibilità. Sulle inflessioni ricercate e curate del baritono Olaf Bär, che dà voce a un Cristo sofferente e drammatico, come sugli accenti toccanti dei soprani Ruth Ziesak e Annette Markert, del tenore Marcus Ullman e del basso Robert Holl. Nel grande dialogo tra soliloquentes e turba, l'orchestra e il coro di Cagliari, affiancati dalle voci bianche, costruiscono un'interpretazione di grande respiro, resa ancora più incisiva da interventi strumentali di grande sensibilità.
Un impegno notevole per tutti, premiato in una esecuzione vibrante e di notevole fascino. E se a colpire dapprima è l'imponenza dell'organico e il vortice di suoni, pian piano si resta coinvolti in una spirale di inquietudini e turbamenti. Sensazioni che nascono tra superbi corali e splendidi interventi strumentali, ma che certo richiedono la concentrazione di un ascolto lungo, attento e motivato. G.P.


Dresdner Neueste Nachrichten 08.10.2003
Bach ist unerschöpflich
"Bach ist unerschöpflich" - mit dieser Bemerkung hatte Ludwig Güttler nun wirklich recht, und wer wollte, konnte an drei Tagen in der Frauenkirche eine Ahnung davon erhalten, welche schier grenzenlose kompositorische Vielfalt der berühmte Thomaskantor erreicht hat (.....).
Die Kombination Dresdner Kapellsolisten und Peter Schreier versprach ebenfalls ungetrübten Genuss. Selten habe ich bei einer Wiedergabe der Orchestersuiten soviel hör- und sichtbare Lust am Musizieren, einen in dieser Güte kaum zu überbietenden musikantischen Elan erlebt wie an diesem Tag in der brillanten C-Dur-Suite. Von ausgesuchter Harmonie präsentierte sich etwa das Bläsertrio in der Ouvertüre, erreichte die tänzerische Impulsivität der Forlane die Hörer, wurde man von der zauberhaften Grazie der Menuette erreicht. Zuvor sang Peter Schreier mit seiner unverwechselbaren Ausdrucksintensität und Charakterisierungskunst drei sehr unterschiedliche Tenorarien aus Bach-Kantaten. Wegen ihrer Geradlinigkeit und Tongebung beeindruckte die Auseinandersetzung von Susanne Branny (Violine) und Andreas Lorenz (Oboe) mit Bachs Doppelkonzert d-Moll (BWV 1059). Den Anfang hatte - schwung- und geschmackvoll die Eigenheiten des Werkes betonend - die Interpretation der recht eigenwilligen, kontrastreichen 1. Sinfonie des begabtesten aller Bach-Söhne, Carl Philipp Emanuel, gemacht. M.H.

România Liberã 25.09.2003
Festivalul International "George Enescu"
Bukarest/Bucharest. (.........) Cu o zi mai inainte doua evenimente distincte au marcat suita manifestarilor festivaliere; ma refer in primul rand la recitalul celebrului tenor german de concert Peter Schreier; in compania pianistului portughez Adriano Jordao, acesta a prezentat in versiune aproape completa ciclul de lieduri "Calatorie de iarna" ) de Franz Schubert. Am fost martori ai unei mari lectii de muzica privind valorile de substantialitate ale cantului cameral, ale cantului ghidat de intelegerea sensului poetic si dramatic specific genului; Schreier este un mare artist, dispune de o imensa experienta artistica, de intelepciunea muzicianului ce stie a-si rostui mijloacele pe masura valorilor partiturii, a exigentelor acesteia. D.A.   
•) =
"Winterreise"



Kleine Zeitung 25.08.2003
Vokales bestimmte zweite Festival-Wochenende
Sankt Gallen/Steiermark. (.......) Gestaltungskraft.
Tags darauf wurde Peter Schreier für seinen Liederabend auf Burg Gallenstein bejubelt. Der 68-jährige Sänger überzeugte mit Gestaltungskraft. Einige Textfreiheiten bei Beethovens "An die Geliebte" fallen dabei nicht ins Gewicht, auch scheint ihm etwa der muntere "Abschied" in Schuberts "Schwanengesang" eher zu liegen als der schwermütige "Atlas". In dem vitalen Alexei Lubimov am Hammerflügel hat Schreier einen idealen Partner gefunden, den er zeitweise durchaus im wahren Sinn des Wortes den "Ton angeben" lässt. E.S.


Gmünder Tagespost 19.07.2003
Das Oratorium erzählt die Geschichte
So kann es nur Peter Schreier. Johann Sebastian Bachs Johannes-Passion am Donnerstag in Gmünd war ein in jeder Hinsicht besonderes Erlebnis und ein Höhepunkt der europäischen Kirchenmusik.
Peter Schreier war mitten drin. Er sang die ausführliche Evangelisten-Partie und dirigierte Orchester und Chor mitten im Ensemble stehend und meist dem Publikum zugewandt (notabene: ohne Partitur). Schreier erzählte seinem Publikum die Geschichte vom Leiden und Sterben Jesu, aus der frommen Partie wurde Dramatik, das Oratorium zur Szene. Der Chor, der Thüringische Akademische Singkreis, war mit unerhörter technischer Sicherheit in allen Belangen ein kongenialer Partner, ausdrucksstark, Text bezogen, präzise bis in die kleinste Nuance und von wunderschönem, balancierten Klang: unsentimentale Innerlichkeit in den Chorälen, im Schlusschor, im endgültigen Choral "Ach Herr, lass' dein lieb' Engelein", opernhafte Inszenierung der Volkschöre im Dialog mit Pilatus um das Schicksal Jesu. Da heulte die Wut des Volkes, da triefte die Häme, wenn beim "Sei gegrüßet, lieber Jüdenkönig" sogar die Mimik der Sänger zu Musik und Szene passt.

Generalprobe /  Last rehearsal  in Schwäbisch Gmünd, 17.07.2003.

Die Arien und die Jesus-Worte wurden von Teilnehmern des Meisterkurses gesungen, den Peter Schreier bei dem Europäischen Kirchenmusikfestival gibt. Mit diesem Solisten-Nachwuchs könnte man getrost die Solopartien eines ganzen Oratorien-Jahres besetzen. Keine Ausfälle, wohl aber einige hervorragende Sängerinnen und Sänger, die Sopranistin Amarillis Bilbeny zum Beispiel oder der sängerisch komplette und stimmlich ausgezeichnete Jens Hamann, der zwei Bass-Arien und die Pilatus-Worte sang.
Der Dirigent war Ensemblemitglied und Chef im musikalischen Ring zugleich. Schreier dirigiert energisch und manchmal verblüffend ökonomisch. Da wird das Tempo gegeben, Chor und Orchester in Schwung gebracht und dann "allein gelassen" wie sonst nur Solisten. Schreier greift nur noch ein, wenn er das manchmal etwas blasse Orchester akzentuiert oder exponierte Einsätze markiert. Schreier erreicht eine Spannung, die man für einen Bach-Oratorium nicht für möglich gehalten haben mag. Das ist gut für den Text, das ist für die Musik gut und wird gekrönt von der stimmlich, sängerisch und intellektuell unübertroffenen Darbietung des Evangelisten. Lang anhaltender Applaus bis zum Abwinken (durch den Meister). R.W.


Westfalenpost 09.07.2003
Ein Tenor, der die schönsten Schattierungen besitzt
Bad Berleburg. (......) stellten sich am zweiten Veranstaltungstag der 31. Internationalen Musikfestwoche Kammersänger Prof. Peter Schreier und Alexander Schmalcz (Klavier) der hohen Anforderung, die der Liederzyklus "Die schöne Müllerin" trotz zahlreicher Aufführungen immer wieder neu an die Interpreten stellt. Der Zusammenklang beider musikalischer Ausdrucksweisen wusste dabei den interpretatorischen Aussagegehalt zu vermitteln. Denn die Umsetzung in Musik war für Schubert Mittel, mit einer Lebenswirklichkeit fertig zu werden, die ihn erfüllte wie quälte durch beständige Verwobenheit von Traum und Realität.(......) Auch im Bad Berleburger Schloss legte er eine rundum schlüssige Interpretation vor. Sein Tenor besitzt nach wie vor schönste Schattierungen. Mit wenigen Farben malt er ein buntes Liedbild. Mitfühlend, aber kontrolliert: Liebe, Leid und Sorgen des schließlich im murmelnden Bach endenden Müllersburschen als große, lyrische Umarmung. In der "Ungeduld" bäumt sich die Stimme auf, meist aber schwingt sie verinnerlicht dahin, verdämmernd mit des "Baches Wiegenlied". Da stimmen die Tempi und die Intonation. Hohe Stimmkultur wie beispielsweise ein fein gehaltenes Piano, lassen auf- und wirklich zuhören.
Der Pianist Alexander Schmalcz lieferte eine Begleitung, die sich ausgewogen und durchdacht dem Gesang Peter Schreiers zuordnete. Er erschöpfte sich nicht in der platten Verdeutlichung des Baches im Wasserrauschen der Achtelfigurationen, sondern ließ das Überschäumen der Seele stimmig zutage treten - etwa in "Eifersucht und Stolz" und "Am Feierabend" - oder setzte durch gezielte Akzentuierung einzelner Noten Gegenstimmen zum Gesangspart frei. So wird er zum wirklichen Gesprächspartner, der sich einmischt, kommentiert und mitsingt, ohne die Tenorstimme zu dominieren. Peter Schreier und Alexander Schmalcz, die erst nach einer Zugabe entlassen wurden, erhielten langanhaltenden Applaus für die hohe künstlerische Leistung, mit der sie jener anspruchsvollen musikalischen Lyrik gerecht wurden.



Sächsische Zeitung 02.07.2003
Peter Schreier mit perfekter Sangeskunst
Viel Beifall für 3. Schumanniade im Schloss Reinhardtsgrimma
Die Intimität, die zauberhafte Atmosphäre des barocken Schlosses in Reinhardtsgrimma sind der absolut geeignete Ort für jede Art kammermusikalischer Veranstaltungen. Das gilt ganz besonders natürlich für ein kleines Musikfest wie die „Schumannniade“ des Robert-Schumann-Vereins Kreischa, die dieses Jahr zum dritten Male stattfand. Das Echo der an drei Tagen hintereinander abgehaltenen Konzerte war stets so groß, dass auch diesmal die Kenner und Liebhaber von Kunstgesang und Kammermusik in Scharen zum Barockschloss pilgerten, wo sich der Besuch auch dieses Jahr vollauf gelohnt hatte. (......)

Liedzyklen ein Höhepunkt im Konzertprogramm
Bereits am Freitagabend gab Kammersänger Peter Schreier aus Dresden, Ehrenvorsitzender des Schumann-Vereins Kreischa, einen Liederabend mit drei großen Liederzyklen des Meisters: den zwei Liederkreisen nach Heinrich Heine op. 24, nach Joseph Freiherr von Eichendorff op. 39 sowie Heines „Dichterliebe“ op. 48. Um das Resümé vorweg zu nehmen: Peter Schreier ist der absolut perfekte Liedersänger, so wie er einer der großartigsten Sänger-Darsteller auf der Opernbühne war.
Alle Superlative reichen bei diesem Künstler nicht aus, um ihm voll gerecht zu werden. Eine stimmliche Ausgeglichenheit durch nahtlose Mischung von Kopfstimme und Körperklang, von Kopfstimme und Falsett, eine Leichtigkeit in der Stimmführung, eine frappierende Wortdeutlichkeit, eine packende Deklamation und Gestaltung. Die Reife seiner Liedinterpretation hat zweifelsohne einen neuen Höhepunkt erreicht.

Zuhörer füllten den Saal bis auf den letzten Platz
Und er brachte als Partner Wolfram Rieger mit, einen Konzertpianisten, der bereits international zu den profiliertesten Liedbegleitern und Kammermusikspielern zählt. Technisch souverän, mit äußerst delikatem Anschlag wusste er die dem Klavierspiel gewidmeten Akzente zu setzen und in einem kongenialen Zusammenwirken mit Peter Schreier vom ersten bis zum letzten Ton eines jeden Liedes einen großen Bogen zu ziehen und dadurch die Zuhörer, die den Saal bis auf den letzten Platz füllten, in atemlose Spannung zu versetzen. Seine tief empfundenen Nachspiele wie sein zartes pianissimo hört man wohl selten.
Ein Klassebeispiel für diese Vorzüge beider Künstler war z. B. Heines „Schöne Wiege meiner Leiden“, „Mit Myrten und Rosen“ oder Eichendorffs „Waldesgespräch“, dessen „Mondnacht“ sowie die Innigkeit der „Wehmut“. Aus der „Dichterliebe“ sei die grandiose Interpretation von „Ich will meine Seele tauchen“ und „Das ist ein Flöten und Geigen“ hervorzuheben. Die Liste wäre noch lange fortzusetzen. Das Publikum wusste um die Einmaligkeit dieses Konzertereignisses und spendete minutenlangen Applaus. Vier Zugaben wurden erklatscht, darunter Schumanns „Nussbaum“, die „Aufträge“ und „Du bist wie eine Blume“. H.W.

Neue Vorarlberger Tageszeitung 22.06.2003
Meisterliche Gitarre und reife, stimmliche Frische
Schubertiade: Der aus Bregenz stammende, international arrivierte Gitarrist Alexander Swete gestaltete einen besonderen Liederabend mit Peter Schreier.
"Im Volkston". Diese Vortragsbezeichnung findet man des Öfteren über Musikstücken speziell in der Epoche der Romantik. Und dieses Motto stand gleichsam über dem Programm, das der sehr jugendlich wirkende Alexander Swete auf der Gitarre und der erfahrene Tenor Peter Schreier zusammen am Freitagabend bei der Schubertiade im Angelika-Kauffmann-Saal in Schwarzenberg präsentierten. Die zarten Klänge der durch Swete so meisterlich gespielten Gitarre verbanden sich wunderbar mit der immer noch ungemein biegsamen und leicht ansprechenden Stimme Schreiers. So gelang den beiden Künstlern ein Konzert von einem Zauber, wie er selten zu erleben ist. Vermutlich gäbe es aber auch wenige Sänger, die dieses Programm überzeugend hätten singen können, denn gerade im Einfachen liegt in der Musik die große Hürde. Peter Schreiers Reife, seine ungeheuere musikalische Erfahrung, dazu sein einzigartiger, immer noch jungenhafter Charme bei einer in seinem Alter kaum zu findenden stimmlichen Frische macht dieses Kostbare möglich.
(.....) Darunter war "Am Brunnen vor dem Tore", das den Weg aus Schuberts "Winterreise" ins Volk gefunden hat. Spannend, Schreiers schlichte und doch so tiefe Ausleuchtung zu vergleichen - bei der vereinfachten Fassung von Silcher freilich - mit der aussagestarken, eher vom Intellekt her kommenden durch Ian Bostridge wenige Tage zuvor.
Klassisches von Beethoven - wer genoss nicht besonders das rührende "Ich liebe dich" - und Mendelssohn erklangen, bevor die einzige Originalkompositionen für Gesang und Gitarre aus der Feder Carl Maria von Webers kamen. Die Koloraturen der Canzonetten op.29 ließ Schreier mühelos perlen, und für die Nuancen dieser besonderen Lieder fand er zuweilen feine ironische Töne, die er gestisch und mimisch unterstrich. (.....) A.M.


Sächsische Zeitung
16.06.2003
Facetten eines Stars
Peter Schreier gestaltete bewegende Johannes-Passion in der Kreuzkirche
Dass Peter Schreier die Bachschen Passionen als Evangelist selbst leitet, das geschieht seit 1982. Damals stellte er die Matthäus-Passion in dieser Art erstmals vor. Schon da war es faszinierend. Nach langer Erfahrung gewann nun diese Interpretationsart an Reife und packender Ausdruckskraft. Davon konnte sich das Festspielpublikum am Freitag in der Kreuzkirche überzeugen. Dass das Werk einmal nicht an die Karwoche gebunden erklang, machte den zahlreich erschienenen Schreierfreunden offensichtlich nichts aus. Sie kamen wegen der zu erwartenden Gestaltungsintensität als Evangelist und der fast szenisch-dramatischen Interpretation, die aus dieser zwingenden Ausführung hervorgeht. Und das bewahrheitete sich auf faszinierende Weise. Der Niederländische Kammerchor Amsterdam (auf jedes Detail des Dirigenten in Ausdruck und Klang unmittelbar reagierend) und die nicht minder kammermusikalisch mitgestaltenden „Dresdner Kapellsolisten“ gaben neben einem ausgewogenen Solistenquintett die Möglichkeit solcher intensiven Gestaltung. Da der Dirigent mitten im Ensemble stand (das Gesicht auch dem Publikum zugewandt), war die bannende und „sprechende“ Gestik und Mimik faszinierend nachvollziehbar.

Carte blanche als Gewinn der Festspiele
Dass gerade dem mit Dresden verbundenen Sänger, der nach 1945 hier vom Knaben-Alt zum Welt-Tenor wuchs, die Carte blanche vermittelt wurde, war rechtens. Und er erfüllte sie programmatisch bestens. Die Johannes-Passion war der Höhepunkt der Schreier-Präsentation als Sänger und Dirigent. Aber auch als Liedgestalter stellte er sich wie eh und je mit ungebrochen klarer Stimme und bewegendem Ausdruck in zwei Liederabenden in der Semperoper und der Meißner Burg mit Gesängen von Schubert, Wolf und Beethoven und in der Seußlitzer Schlosskirche mit Liedern aus Bach-Schemellis Gesangbuch vor. Als Dirigent des Carl-Philip-Emanuel-Bach-Kammerorchesters Berlin unterhielt er serenadenhaft mit einem „Heiteren Mozart“ vorm Palais im Großen Garten. Das alles war gut gewählt, zeigte die Vielfalt der bezwingenden Aussagefähigkeit des Dresdner Stars, der in dieser Stadt bereits jetzt eine Legende ist. Das Publikum würdigte es. Die Festspiele gewannen. F.S.


Dresdner Neueste Nachrichten 11.06.2003
Musikalisch auf den Spuren George Bährs
(......) In der Seußlitzer Schlosskirche bot Kammersänger Peter Schreier zusammen mit Michael-Christfried Winkler an der Orgel ein klug zusammengestelltes Programm, das zunächst den Festspielschwerpunkt Hugo Wolf mit geistlichen Liedern aus seinem "Spanischen Liederbuch" bediente, fünf Reger-Lieder aus op. 137 anschloss und mit zwölf Liedern aus "Schemellis Gesangbuch" (in der Bach-Bearbeitung) endete. Peter Schreiers Reife der Gestaltung legte einen gesamten Kosmos an Empfindungen tief berührend bloß. Die große, variable Begleitkunst des ehemaligen Kreuzorganisten ging den einzelnen Liedern farbsensibel nach, nutzte den Generalbass fantasievoll je nach dem jeweiligen Strophencharakter, setzte programmatisch Zäsuren, indem er die Reger- und die Bach-Gruppe mit kürzeren Beiträgen (Intermezzo, Choralbearbeitung) rein instrumental einleitete. (........) G.M.


Dresdner Neueste Nachrichten 05.06.2003
Eine kleine Nachtmusik auf der Suche nach dem Bandel
Während der Sommermonate standen ausgelassen gefeierte Festlichkeiten und musikalische Ereignisse seit jeher in enger Verbindung mit dem Palais im Großen Garten. Auch die diesjährigen Dresdner Musikfestspiele knüpften mit einem Open-Air-Konzert unter dem Motto "Der heitere Mozart" an diese Traditionen an. Vor der Kulisse des Palais musizierte das Kammerorchester Carl Philipp Emanuel Bach gemeinsam mit den Vokalsolisten Gabriele Rossmanith (Sopran), Peter Schreier (Tenor), Stephan Loges (Bariton) und Egbert Junghanns (Bassbariton) unter der Leitung von Peter Schreier.


Probe / rehearsal in Dresden's "Grosse Garten", 04.06.03 :  Mitglied / member C.P.E. Bach-Orchester, Stephan Loges, Peter Schreier, Egbert Junghanns.


Viele Zuhörer und "Zaungäste" hatten sich eingefunden, um der abwechslungsreich und gut getroffenen Auswahl Mozartscher Werke in warmer Abendluft zu lauschen. Eröffnet wurde das Konzert mit der "Serenata notturna" KV 239. Die in das lebendig agierende Orchester eingebetteten solistischen Passagen wurden von den Instrumentalisten mit Bravour gemeistert. In absoluter spielerischer und interpretatorischer Kongruenz gediehen die gelegentlich parallel geführten Violinstimmen zum faszinierenden Hörgenuss. Im Finalsatz überzeugten die Musiker mit ausgereiften solistischen Leistungen, auch der Dirigent Peter Schreier ließ sich nicht die Gelegenheit einer kurzen gesungenen Kadenz nehmen. In gleicher inspirativer Weise nahm sich das Kammerorchester des "Verworrenen Geschwätz'" - "Galimathias musicum" KV 32 - des zehnjährigen Mozart an.
Dass Mozart einen sehr ausgeprägten, teils auch recht würzigen Humor besaß, wie im berühmten "Bäsle-Brief" überliefert, bewiesen auch die für das Konzert ausgewählten Arien und Terzette. Schlüpfte Egbert Junghanns mit treffendem spielerischen Talent oft in die Rolle eines altklugen, liebenswert trottligen oder branntweinseligen Väterchens ("Die Nacht ist finster", "Stille, stille! Leise still!") verkörperten Stephan Loges und Peter Schreier überzeugend die jugendlich stürmischen Liebhaber oder gewitzten Lümmel. Gabriele Rossmanith war es, die mit ihren Solopartnern mimisch und gestisch prägnant die "miauende Unschuld" im Duett "Nun liebes Weibchen" spielte und kontrastierend dazu die verzweifelte Suche nach dem "Bandel" gesanglich schilderte. "Eine kleine Nachtmusik" rundete den heiteren Abend gebührend ab, an dem auch der Glockenspieler Boudewijn Zwart mit einer bearbeiteten Klavierfantasie Mozarts eine Kostprobe seines Könnens auf dem Carillon gab. J.F.


Sächsische Zeitung 04.06.2003
Klar und sensibel
Peter Schreier mit Liederabend in Dresden und Meißen
Den Dresdnern nahe, der Musikwelt verbunden, prägt Peter Schreier die Musikfestspiele wieder einmal wesentlich mit. Bereits bei der Eröffnung in der Kreuzkirche war er als Parsifal im Ausschnitt aus Wagners Oper präsent und ehrte damit einen der Themengeber des diesjährigen Festes. Der andere trat im Liederabend des beliebten Dresdner Sängers hervor: Hugo Wolf. In der Semperoper am Sonnabend und tags darauf auf der Albrechtsburg in Meißen bewies sich Schreier als der Liedersänger, der er immer war. Als klarer sprachlicher und gesanglicher Gestalter faszinierte er neben dem festspielprogrammatischen Hugo Wolf mit Liedern von Schubert (Schwanengesang) und Beethoven (An die ferne Geliebte). Er begann mit den Schubertschen Rellstabgesängen in eigener Prägung. Diese wurde mitbestimmt von den begleitenden, mehr gedämpft als offen wirkenden Klängen eines Hammerklaviers, gespielt vom hervorragend mitgehenden russischen Pianisten Alexej Lubimow. Das war von sensibler Klanglichkeit, die an Ausdrucksdichte gewann in den tiefgründigen Heine-Liedern dieses „Schwanengesangs“ – vom aufbegehrenden „Atlas“ bis zum depressiven Aufschrei des „Doppelgängers“.

Packende Gestik und Mimik für Wolf
In den Wolf-Liedern – mit Begleitung eines modernen Flügels – dominierte stilentsprechend eine gewisse Theatralik, die durch packende Gestik und Mimik Peter Schreiers zu einem eindringlichen Erlebnis wurde. Beethovens Liederzyklus von 1816 ließ den Abend ausklingen (......) F.S.


Peter Schreier in Meissen's Albrechtsburg, 06/03.


Dresdner Neueste Nachrichten 30.05.2003
Dresdner Kreuzkirche als Gralsburg und Festwiese
Dresden. (.......) Richard Wagner also, in einer eher als eigenwillig zu betrachtenden Zusammenstellung - die Kreuzkirche als Gralsburg und Festwiese sozusagen. Der Einstieg ins Programm mystisch: Vorspiel zu "Parsifal" und 1. Aufzug 2. Teil mit der Enthüllung des Grals. Das berühmte "Dresdner Amen" schwebt durch den Kirchraum. Haenchen kostet gemessenen Tempos mit seinem Ensemble die musikalische Welt des "Parsifal" genüsslich aus. Satte Klangfarbenopulenz, gelegentlich von einem Hauch Pathetik und lyrischer Linie gekennzeichnet, makellos, was die Knabenstimmen des Kreuzchors aus lichter Höhe bieten. Die Solisten John Bröcheler (Amfortas), Theo Adam (Titurel), Jan-Hendrick Rootering (Gurnemanz) und Peter Schreier (Parsifal) erfüllen ihre im Umfang recht unterschiedlichen Passagen souverän. (.......) K.L.


Ceské Noviny 16.05.2003
Peter Schreier vyprodal Händelovým Mesiášem Dvorákovu sín
Prag/Prague. Händelovo oratorium Mesiáš beznadejne vyprodalo tisícovku míst Dvorákovy síne Rudolfina. Na festivalu Pražské jaro je se zahranicními sólisty a s ceským sborem a orchestrem uvedl známý drážd'anský umelec Peter Schreier. Jedno z nejproslulejších del svetové krest'anské duchovní hudby se v Praze uvádí žive zrídka, a tak bylo publikum velmi soustredeno a v záveru nadšeno. Interpreti po dvouapùlhodinovém koncerte jako prídavek zopakovali oblíbené sborové Hallelujah.
Schreier mel dnes k dispozici orchestr Virtuosi di Praga a Pražský komorní sbor. Mesiáše není treba hrát s velkým sborem, rekl novinárùm. Otázce po historických nástrojích, které jsou pro interpretaci barokní hudby cím dál obvyklejší, s nimiž však on nepracuje, predešel konstatováním, že ve 21. století jsme zvyklí na standard, který používáme. Za jeden z predpokládaných vrcholù festivalu oznacil už predem tento program reditel Pražského jara Roman Belor. (.....) CTK



Oberoesterreichische Nachrichten 13.05.2003
Bildhaftes Töne-Barock
Linz. Peter Schreier als Dirigent vermittelte bei der Sonntags-Matinee im Linzer Brucknerhaus eine eindrucksvolle Aufführung von Händels "Messias". Sie profitierte von seinen langen Erfahrungen und Einsichten als Sänger. Die vorbildliche Interpretation, wie üblich gekürzt, vermittelte Lebendigkeit und überraschend große Ausdrucksbreite, Werktreue und Prägnanz. Maßgeblich waren weiter die Dominanz des Wortes, die Sinnhaftigkeit der Musik, die penible Genauigkeit bei den Vortragsbezeichnungen auch von kleinsten Notenwerten und das Wissen um die seinerzeitige Auszierungspraxis. Diese nicht so selbstverständlichen Eigenschaften zeichneten alle Interpreten aus. Der "Prager Kammerchor" aus zwei Dutzend Mitgliedern setzte mit seinen Leistungen insbesondere mit der Klangfülle und transparenten Linienführung in Erstaunen. Das Solistenquartett mit jungen frischen, überaus beweglichen Stimmen formten Elisabeth Kulman mit kräftigem Sopran, Annekathrin Laabs mit warm getöntem Alt, Marcus Ullmann mit angenehmem Tenor und Jochen Kupfer mit voluminösem Bass. Die "Virtuosi di Praga", ein sparsam besetztes Kammerorchester mit gut eingepasster Continuo-Gruppe und zwei herrlichen Trompetern, machten ihrem Namen alle Ehren.
Der Dirigent lenkte mit maßvollen Gesten aber recht sorgsam den Fluss der Musik zwischen packender Dramatik und Beschaulichkeit. Stürmischer Beifall. Als Zugabe die Wiederholung des Alleluja-Chores. (........) F.Z.


Süddeutsche Zeitung 22.04.2003
Überzeugung von Geist und Herz
München. (......) Schreier am Pult von Karl Richters „altem“ Chor wirkte fast wie ein Rückzug von der laufenden Kandidatenkür. Denn Schreier, einst Richters Gefährte im Dresdner Kreuzchor, steht für mitteldeutsche Kantorentradition. Dass es musikalisch kein Rückzugsgefecht war, zeigte sich aber bald. Schreier dirigierte und sang gleichzeitig die Evangelistenpartien. Der heiklen Doppelfunktion entsprechend, platzierte er sich mitten im Ensemble. Was ihm äußerlich Führungsmacht zu nehmen schien, bewirkte aber das Gegenteil: integrative Kompetenz. Zugegeben, das mächtige Eingangsportal zum Passionsdrama „Kommt ihr Töchter Zions“ klang seltsam verhalten, fast beiläufig. Aber immer mehr setzte sich eine konzentrative Intensität durch, die unweigerlich in Bann zog: ein kammermusikalisches Konzept, dessen Innen- Espressivo sich im zweiten Teil zu kontemplativer Magie verdichtete. Ein Mirakel: wie Schreiers dirigentischer Minimalismus den Chor so nuanciert zu animieren vermochte (gewiss auch Verdienst von Coach Philipp Amelung). Die Solisten, obwohl eine „Dresdner“ Besetzung, blieben etwas glanzlos. Olaf Bär (Christus) und Egbert Junghanns (Bass) ragten heraus. Das Münchener Bach- Orchester brillierte, auch dank seiner zwei Konzertmeisterstars Kurt Guntner und Florian Sonnleitner. Ein Höhepunkt: das Gambenspiel von Achim Weigel. (......) K.P.R.



El Di@rio Montañés 08.04.2003
Sugestiva actuación de los Virtuosos de Praga
Su solvente capacidad traductora se unió al atractivo programa diseñado en torno a Bach
Santander. La más que buena orquesta de cámara Virtuosi di Praga fue la protagonista de un sugestivo concierto en el Palacio de Festivales. A su solvente capacidad traductora hay que sumar el atractivo que supone el que dedicaran un programa monográfico dedicado a la monumental figura de Johann Sebastian Bach en su doble dimensión instrumental y vocal. Fue evidentemente un programa ambicioso en el que hubo momentos muy diferenciados que hay situar dentro de un concepto musical muy clásico y, por lo tanto, muy al margen de otros planteamientos especializados en la creación sonora del barroco alemán.
Si la tarde en la sala Argenta se inició bien con la primera de las suites bachiana, bien plantada y con justeza tímbrica, el mejor momento fue, sin duda alguna, cuando se escuchó el hermoso y siempre fresco 'Concierto en Re menor para violín, oboe y bajo continuo BWV1060'. Aquí las cosas estuvieron en su sitio por la claridad estilística y la brillante prestación de la oboísta Jana Brokova. Otro tanto ocurrió con el 'Concierto para dos violines, cuerda y bajo continuo BWV1043' en el que destacaron la participación de los solistas Oidonich Vieec y Silvie Hessova. Sin embargo, no fueron también las cosas en la traducción del tercero de los conciertos de Brandenburgo, un tanto confuso en la articulación de sus movimientos. Se completó la presencia de los Virtuosos de Praga con la digna interpretación de dos arias pertenecientes a dos cantatas del cantor de Leipzig, en las que Peter Schreier, director de este conjunto, se mostró como tenor de clase. R.H.


The Guardian 04.04 2003
Schreier/Schiff concert Wigmore Hall (Rating: 5 stars out of 5)
London. Schubert's 1823 song cycle Die Schöne Müllerin, snapshots of love simply found and lost, is a seminal work. Most male lieder singers attempt it at some point in their careers. And all - no exceptions - could have learned from the enthralling performance given at the Wigmore Hall, in a rare recital by the veteran tenor, Peter Schreier.
The pianist, Andras Schiff, had already established a wistfully Schubertian atmosphere in the first half with the second group of Four Impromptus, Op 142. (.....) But on this occasion, Schiff was even better as accompanist. Schreier is 67, and his voice isn't quite the formidable instrument it once was, but this was a masterclass in communication and in building a complete performance within one's resources. He can still sing with agility, precise intonation, open, unstrained high notes and a beautiful, sweet tone. It is not now a large voice, but with Schiff's sensitive support this was never a problem. Nor was the fact that Schreier was singing the role of a young narrator. Schubert didn't even make it to middle age, but his early diagnosis of syphilis meant that many of his greatest works, including this, were written with a bittersweet acknowledgment of his mortality. Tapping into this, Schreier played down the puppyish optimism in the earlier songs and sang as if looking back on the loss of innocence. The uncomplicated happiness of the first half still came over strongly, Schreier bursting into previously unheard joyful tone at "Dein ist mein Herz!" in Ungeduld (Impatience). The pain was even more convincing: the narrator's petulance when he has to share the miller's daughter's goodnight with the others, the stabs of small rejections, his anger and then self-mocking resignation as he complains that "no nice girl" would do what she has. And when despair sank home in "Die Liebe Farbe", the lonely piano line dogging the melody seeming to haunt him with the sound of his rival's hunting horn. After this, the final two songs had an almost unbearable sweetness. It is rare indeed to experience the cycle at this intensity. E.J.




The Times 03.04.2003
Schreier/Schiff concert Wigmore Hall (Rating: 5 stars out of 5)
London. At 68, Peter Schreier knows every pebble and tussock, every eddy and cross-current of Die schöne Müllerin, and, as a singer always highly self-aware of the distinctive temper and timbre of his tenor, he now knows exactly how to guide its every movement in whatever rocky territory the mature voice may find itself.
Time and again one strained to detect a creaking of larynx or limb and, time and again, all we heard was Schubert, and the beating of the human heart. Schreier’s way with this cycle has always reflected the verses’ original conception: as a poetry reading at an intimate literary soirée. The weight and measure of every syllable and rhyme; the heightened emotion as inflection rises into melody; the subtle stagemanagement as harmony nudges the nerves. His command of the sheer language of the cycle — verbal and musical — is so absolute, and so constantly revelatory, that it’s rather like spending years watching a McKellen, a Branagh, a Russell Beale in Shakespeare, and then suddenly hearing Gielgud again, and knowing the place and the point of it all as for the first time.
For the past 20 years or so, Schreier’s regular partner in this songcycle has been András Schiff, who began this real Schubertiade of an evening by playing the Four Impromptus of his D935. Now, Schiff’s fingers provide the pace, the undertones and the resonance the voice needs, as well as tingling with reaction and response to every flicker of Schubert and Schreier’s pulse. And, here and there, ever a new observation: the hesitant doffing of the cap at the start of the miller’s morning greeting; the shadows of what might have been, darkening the rain of tears; the crazed obsession of a repeated note; and the wide spaces of the overarching sky for an ending that contained the silence of eternity. H.F.

Hufvudstadsbladet 23.03.2003
Rutinerad Bachinterpret
Tapiola/Helsinki. Kantorspojken från Meissen, Peter Schreier är en populär och omtyckt musiker i Finland. Det finns t.o.m. en Peter Schreierkör och Schreier har tilldelats Kommendörstecknet av Finlands Lejons orden som erkänsla för sina insatser för musiklivet i Finland. Det var även uppenbart, att den trots allt inte helt fulltaliga publiken i Tapiolasalen på fredagen hälsade sin gäst med värme och uppskattade både hans sång och hans dirigering.
Kanske var orsaken den lite tafatta versionen av Johann Sebastian Bachs h-mollsvit, som i synnerhet i den inledande uvertyren var tvekande och dynamiskt anspråkslös. Med spetsiga non legaton och vibratolös tonbildning sökte man en barocktida klangvärld, men Hanna Juutilainens flöjt, trots att hon givetvis spelade mycket bra, kom till sin rätt först i den avslutande, mycket snabba Badineriesatsen. Kanske var det idén att bjuda konsertpubliken på fyra korta arior (endast arian Schweig, schweig var en fullständig da capoaria) ur diverse kyrkokantater. Musikens mening i Bachs vokalmusik ligger ju starkt förankrad i förhållandet mellan text och musik. När man på detta sätt lyfter ut ariorna ur sitt sammanhang försvinner denna aspekt helt. Dessutom kunde jag inte låta bli att tycka att Schreier inte var vid bästa röst; tekniken fungerade, men tonerna kom inte lika mödolöst som vanligt.
Efter pausen blev det bättre med fullstor orkester. Framförandet av Carl Philipp Emanuel Bachs Essdursymfoni var fartfyllt och medryckande. Den här musiken kan Tapiola Sinfonietta kanske bättre än någon annan orkester och Peter Schreiers lite överraskande och knyckiga plastik passade bra i denna kapriciösa musik. Johann Sebastian Bachs D-dursvit dirigerade Schreier med betydligt lugnare rörelser än i det övriga programmet och lyfte sålunda upp sviten till en festlig avslutning på kvällen. (.....) F.F.


Dresdner Neueste Nachrichten 14.02.2003
Mozarts Requiem mit der Philharmonie unter Peter Schreier
Unter den großen katholischen Vertonungen der lateinischen Totenmesse nimmt Mozarts Requiem eine Sonderstellung ein, die im Dies irae am deutlichsten wird. (.....) Wo andere mit enormer akustischer Masse und übermäßiger Kraftentfaltung Wirkung erzielen, setzt er ganz auf die psychische Intensität der Ausführenden. Dadurch kommt er mit einem relativ kleinen Instrumentalensemble aus, was nun für eine Aufführung im Kulturpalast mit seiner problematischen Akustik eigentlich ungünstige Voraussetzungen bedeutet. Dass die Aufführung am Dresdner Gedenktag trotzdem eine hohe künstlerische Qualität besaß, ist zum einen der weitgehend schlanken Singweise der philharmonischen Chöre (Einstudierung Matthias Geissler und Jürgen Becker) zu danken, Vorbedingung dafür, dass der Klang trotz großer Besetzung nicht unangemessen dick wirkte und dass dynamische Schattierungen in vollem Umfang abgefordert werden konnten. Die Klangkronen resultierten aus einem leuchtenden Orgelklang (Hansjörg Albrecht), der an vielen Stellen deutlich dominierte, während das tiefe Klangregister vornehmlich den Kontrabässen und der Soloposaune anvertraut war. Damit waren die mittleren Frequenzbereiche für den Chor offen, der dadurch besonders präsent sein konnte. Peter Schreiers Vertrautheit mit dem Werk verhalf ihm zu sensiblem Umgang mit den Ausführenden und profunder Auslotung. Er ließ den musikalischen Strom frei fließen, wusste genau, was er von den Mitwirkenden wollte und wie er das in der nicht ganz leichten Kombination von Profiorchester und Amateurchor erreichen kann. Schreier setzte dramatische Akzente bereits beim ersten Fortissimo des Requiem aeternam. Wichtiges Gestaltungselement waren Staccati bei Lux perpetua und an anderen Stellen, wodurch der Gestus noch unerbittlicher wurde. Das Dies irae besaß eine gewisse Ruppigkeit, die ihm gut bekam. Noch furchterregender war das Confutatis maledictis, bei dem man an gezielte Fausthiebe denken konnte. Bei Schreier lagen lyrische und dramatische Töne oft eng beieinander wie etwa im Lacrymosa, bei dem die flehentliche Bitte in eine gewaltige dynamische Steigerung mündete. Bestens aufeinander abgestimmt waren die vier Solostimmen. (.....) P.Z.


Newsday 22.01.2003
A Choir Practice Worthy of Carnegie Hall
New York. For a week every year, Carnegie Hall immerses a nationwide all-star choir in a single piece of music and in the memory of Robert Shaw. It was Shaw, the country's great choir-builder for most of the 20th century, who founded the Carnegie Hall program and led it until his death in 1999. (.....) Shaw's legendary precision was on brilliant display, but the performance's sheer physical delights flowed from Schreier's fingers. He gave an athletic thrust and buoyancy to the festive movements, full of trumpet calls and glory, while the gentle invocation scudded weightlessly over the beat. In two hours of music, there was not a sedentary bar. Like all of Bach's big works, the B-Minor Mass is an ark full of ideas, theatrical moments and methodical procedures, all deployed to the service of worship. Olympian technique and religious purpose funnel into every phrase, filling it with monumental longing, bliss and terror. The challenge to the Bach performer is to sort out a host of tiny problems - is the staccato here quite as short as it is there? Just how emphatic should the implied dance beat sound? - without making the whole thing sound like a compendium of clever solutions.

Peter Schreier in Carnegie Hall (New York), Jan. 2003

Schreier has been living with Bach's music as a singer his entire life, and that experience poured into his podium work. The Orchestra of St. Luke's, a sturdy and versatile ensemble of New York freelancers, acquired the diaphanous lightness of a specialized period band. The tempos, always full of nimble vigor, seemed inevitable. Rather than crescendo up to an explosive choral entrance, Schreier would keep a few notches of volume in reserve, so that the passage would end with a rapturous shout. He has been a wonderful tenor, and he may also be the rare singer who can retire from the stage into conducting without dropping a couple of professional rungs. Of course, Schreier was working with a conductor's gold: an avid, prepped and burnished chorus, the kind of group willing to drill the "r" in "kyrie" until it bounces like a "d." The long strands of notes sung on a single vowel unfurled like crystal threads, twining together in a transparent, consonant-free counterpoint. (.....) The soloists, Katrina Gauvin, Joyce DiDonato, Marcus Ullman and Stephan Loges, were all wisely selected, not to fluoresce, but to step into the pool of ensemble perfection. J.D.


Plakat / poster: Peter Schreier  - Carnegie Hall 01/2003

The Times (Online) 13.01 2003
RCM Baroque Orch/Schreier
(Rating: 5 stars out of 5)
London / St. John's. Santa obviously arrives late at the Royal College of Music. But a performance of Bach's Christmas Oratorio as pleasurable as this one would be as welcome in midsummer as mid-January. Of course, running these six cantatas together (as Bach never intended) still made for a long evening. But such was the vivacity and charm of this interpretation that three hours flew by. In the centre of it, literally, was the German tenor Peter Schreier, one of the great Bach evangelists of the age, and now also a fine conductor of Bach's music. In recent years the London conservatoires have managed to persuade several world-class veterans to work with their students, and the results have often been magical: insight and inspiration generously passed down the generations. One thinks, for example, of Sir Colin Davis's Don Giovanni with the Royal Academy of Music last year. But Schreier's work here was remarkable even by these standards. As Bach himself used to do, he positioned himself, facing the audience, right in the middle of his forces — the RCM Chamber Choir behind him; the college's Baroque Orchestra (so-called, though its members play modern instruments) in front. One wondered how on earth he would keep it all together, as (with his back to the singers) he plunged into "Jauchzet, frohlocket!" at daredevil speed. The answer was: flawlessly. The choir, trained by Paul Spicer, was alert and magnificently jaunty in the great double-fugues; the orchestra sinuous, well-tuned, light-fingered. True, the horns suffered bouts of vertigo in their stratospheric moments. But the obbligato violin, trumpet and flute playing was superb. So was the solo singing, supplied by students who stepped out of the choir. I thought I'd mention a few who particularly impressed, but abandoned that plan after finding I had jotted down 14 or 15 names. To hear these far-from-simple arias projected with such poise by so many young singers was exhilarating — a tribute to Schreier's galvanising presence, and a source of high optimism for the future of Bach performance. Yet Schreier's achievement went further. No sooner had he finished conducting some aria or chorus than he gave what was, in effect, a masterclass in how to pace and phrase the Evangelist's part. What's more, he directed the entire oratorio from memory. It was a magisterial demonstration of rounded musicianship to set before students entering this perilous old profession. I was only surprised that he didn't serve the interval drinks as well. At the end of the evening the Royal College conferred a fellowship on him. After a show like this, nobody needed to be told why. R.M.


Peter Schreier in London, 2000


Kölner Stadt-Anzeiger 07.01.2003
Lauter und wahrhaft
Peter Schreier gab in der Kölner Philharmonie einen schönen Liederabend.
Allüberall fallen schon die Christbäume, da tat der Tenor Peter Schreier noch einmal einen Blick in die weihnachtlich erleuchteten Wohnstuben des 19. Jahrhunderts. Die sechs Weihnachtslieder von Peter Cornelius, einst sehr beliebt, sind inzwischen etwas verblasst. Ebenso wie Einschlägiges von Max Reger und Joseph Haas konstituieren sie eine Familienidylle, die eine ganz spezifische Facette der deutschen Romantik darstellt. Man mag derlei bieder oder betulich finden, aber in Peter Schreiers behutsamer Annäherung entwickelten diese Lieder doch sehr viel Stimmung, Atmosphäre und Poesie. Leicht singbar sind sie ganz und gar nicht. Zumal Schreier, mittlerweile hoch in den Sechzigern, gar nicht daran denkt, einen reduzierten Altersstil zu entwickeln. Er hat es auch nicht nötig: Die Höhe ist stabil, die Spannkraft der Stimme ungebrochen. Piano-Phrasen schweben auch in unbequemen Lagen mühelos auf dem Atem. Und nach wie vor macht Schreier keine Zugeständnisse, was Deklamation und Vokaltreue betrifft. Es ist ein Singen, das vor allem durch seine Lauterkeit und Wahrhaftigkeit bezwingt.
Hansjörg Albrecht assistierte dem großen Tenor an Klavier und Orgel mit hilfreicher Umsicht. (.....) Ob in Bachs Schemelli-Liedern die große Philharmonie-Orgel das rechte Begleitinstrument ist, wäre zu fragen; ihr Klang hüllte die schmucklose Gesangslinie doch allzu sehr ein. Ein wenig störte an diesem schönen Abend die Eile, mit der er abgewickelt wurde. Schreier gönnte sich und seinem Begleiter keine Pause, nicht einmal ein kurzes Verschnaufen zwischen den Liedgruppen. (.....) S.R.



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